Cosa compromette di più la fertilità di coppia? - BimbiSanieBelli.it

2023-02-15 14:57:30 By : Ms. Helen Huang

Il crollo delle nascite nel nostro Paese ha diverse spiegazioni, molte però hanno origine proprio all’interno della coppia, dove la fertilità è messa sempre più sotto scatto da diversi fattori. Vediamo quali e cosa si può fare

Il calo delle nascite in Italia sembra non fermarsi ed è allarme fertilità. È dal 2008 che nel nostro Paese le nascite diminuiscono in modo inarrestabile e, dati alla mano, dall’Istat emerge che il livello minimo delle nascite registrate nel 2015, pari a 486mila, è stato superato in negativo dal 2016 con 474mila nascite, per un totale di ulteriori 12mila nuovi nati in meno, record a sua volta è stato sorpassato nel 2017, anno in cui sono stati iscritti all’anagrafe per nascita 458.151 bambini, ovvero 15mila in meno rispetto all’anno precedente. Insomma, nell’arco di 3 anni – dal 2014 al 2017 – le nascite sono diminuite di circa 45mila unità. E questo trend è ben lungi dall’essere invertito: l’Italia non fa che segnare un record negativo via l’altro per la natalità: nel 2021 i nati sono scesi a 400.249, facendo registrare un calo dell’1,1% sull’anno precedente (-4.643). E la denatalità è proseguita inarrestabile anche nel 2022.

Diversi sono i nemici della fertilità di coppia che concorrono alla diminuzione dei tassi di natalità: dall’aumento dell’età in cui si diventa genitori per la prima volta, ai ritmi di vita troppo stressanti, senza dimenticate le malattie sessualmente trasmissibili e l’inquinamento. Mamme sempre più tardi Le donne oggi tendono a fare i figli sempre più tardi. Attualmente l’età media in cui si diventa mamma per la prima volta è 31 anni, ma più di un terzo delle donne ha il primo figlio a un’età media di 35 anni e più dell’8% a 40 anni e oltre. L’aumento dell’età media in cui si fa il primo figlio comporta inevitabili ricadute sulla capacità riproduttiva: massima intorno ai 20 anni, inizia a ridursi già dopo i 30 anni, subendo un calo significativo dopo i 35 anni (50%) e più drastico dopo i 40.

Anche l’inquinamento gioca un ruolo importante nelle problematiche legate al concepimento, soprattutto maschile. Nel 2017 un team internazionale di scienziati ha pubblicato un lavoro sulla rivista scientifica Human Reproduction Update che ha mostrato come la concentrazione degli spermatozoi si sia ridotta di oltre il 50% in poco meno di 40 anni. Secondo gli studiosi il numero degli spermatozoi presenti nel liquido seminale negli ultimi anni si è dimezzato a causa, in oltre della metà dei casi, dell’esposizione ad agenti inquinanti. Anche un recente studio italiano pubblicato sulla rivista Environmental Toxicology and Pharmacology ha dimostrato che sia i lavoratori delle acciaierie sia gli uomini che vivono in aree molto inquinate mostrano una percentuale media di frammentazione del Dna spermatico – ovvero rotture o lesioni del materiale genetico dello spermatozoo – superiore al 30% (percentuale superata la quale possono risultare compromessi sia la fertilità spontanea, sia i risultati della fecondazione assistita di primo livello). Tra gli agenti inquinanti che ogni giorno aumentano il rischio di infertilità ci sono:

1) gli ftalati, impiegati anche nella produzione dei giocattoli per bambini;

2) i parabeni, usati soprattutto nei profumi e nei saponi;

3) il bisfenolo A, utilizzato per la produzione di plastiche di uso quotidiano;

4) le onde elettromagnetiche sembrano essere un fattore di rischio per la fertilità maschile:  l’uso quotidiano prolungato (più di 4 ore) del telefono cellulare provoca l’aumento della frammentazione del Dna spermatico.

Lo stress è uno dei “nemici nascosti” della fertilità sia maschile sia femminile. È noto, infatti, che alti livelli di stress possono provocare alterazioni nell’ovulazione  e nel ciclo mestruale, nonché agire negativamente sul livello di testosterone maschile e sulla produzione di spermatozoi. Uno studio condotto dalla Ohio State University Wexner Medical Center e pubblicato sulla rivista Human Reproduction ha analizzato in laboratorio il livello dell’ormone dello stress (l’alfa-amilasi) su un campione di 500 donne di età compresa fra i 18 e i 40 anni. I risultati hanno mostrato che le donne con i maggiori livelli di alfa-amilasi avevano una probabilità di rimanere incinta più bassa del 29% rispetto a quelle i cui livelli si assestavano nella norma. Lo studio ha anche confermato come situazioni emotivamente intense e persistenti possano produrre un aumento dei livelli di altri due ormoni – la prolattina e l’LH – che possono interferire con la maturazione delle cellule uovo causando alterazioni all’ovulazione e al ciclo mestruale. Un altro studio condotto dall’università di Oxford e pubblicato sulla rivista scientifica Fertility and Sterility ha realizzato un monitoraggio dei livelli di adrenalina e di cortisolo (due ormoni connessi allo stress) su 274 donne sane in età fertile alla ricerca di un bambino, e ha messo in evidenza come le pazienti con livelli più alti di stress avevano a una probabilità di rimanere incinta ridotta del 12%.

La presenza e permanenza di una situazione stressante può avere un effetto diretto anche sulla fertilità maschile. L’apparato genitale maschile, infatti, è particolarmente sensibile a fattori stressogeni e, non di rado, tali condizioni inficiano la qualità del liquido seminale con una riduzione del volume, della motilità e della concentrazione degli spermatozoi. Secondo gli esperti questo sarebbe da attribuire al rilascio, in presenza di particolari eventi di carattere duraturo nel tempo, di ormoni steroidei chiamati glucocorticoidi che influenzerebbero sia i livelli di testosterone, sia la produzione di spermatozoi.

Per avere una buona fertilità è indispensabile che sia l’apparato riproduttore della donna e dell’uomo sia in salute. Le malattie sessualmente trasmissibili e altri disturbi (come l’endometriosi nella donna e il varicocele nell’uomo) possono infatti creare problemi alla fertilità.

L’endometriosi Secondo un recente studio dell’Organizzazione mondiale della sanità colpisce più di 150 milioni di donne in tutto il mondo e nel 30-40% di loro causa infertilità. Questa malattia comporta una proliferazione dell’endometrio, tessuto che riveste la superficie interna dell’utero, in una zona “anomala” come per esempio le ovaie e il peritoneo. L’endometrio – ovunque si trovi – risponde alla stimolazione ormonale mensile, per cui cresce e si sfalda ciclicamente. Non riuscendo però a essere espulso con le mestruazioni, ristagna nell’organismo, dando vita a un’infiammazione cronica. Ciò a lungo andare può creare problemi di funzionamento e infertilità.   L’ovaio policistico Un’altra fra le principali cause di infertilità femminile è rappresentata dalla sindrome delle ovaie policistiche, una patologia che comporta un ingrossamento delle ovaie a cause di piccoli accumuli di cisti liquide. Questa malattia colpisce fra il 5% e il 10% delle donne in età fertile e può avere come effetto rilevanti alterazioni del ciclo mestruale e assenza totale dell’ovulazione.

Il varicocele È una fra le patologie più diffuse dell’apparato genitale maschile. Coinvolge circa il 15% degli uomini ed è una delle cause prevalenti (35%) dell’infertilità maschile.  Consiste in una dilatazione anomala delle vene testicolari e può determinare un’alterazione nella crescita dei testicoli e nella qualità del liquido seminale. Il varicocele, se di grado elevato, può portare nel tempo a una diminuzione progressiva della fertilità, in quanto provoca disordini nel numero, nella motilità e nella morfologia degli spermatozoi.

Le infezioni sessualmente trasmissibili Tra infertilità e infezioni sessualmente trasmissibili (Mst) esiste uno stretto legame. I principali fattori di infertilità sia femminile sia maschile sono proprio le malattie sessualmente trasmissibili poiché, una volta acquisite, possono dare origine ad alterazioni – spesso irreversibili – nel funzionamento degli organi della riproduzione. Che abbiano origine virale come l’Herpes virus e l’Hpv (Papillomavirus umano) o che siano di origine batterica (sifilide, clamidia e gonorrea), le malattie sessualmente trasmissibili innescano diversi processi patologici che possono rivelarsi cruciali nella riduzione della capacità riproduttiva. Quelle che causano un più alto tasso di infertilità sono la clamidia, causata dal batterio Chlamydia trachomatis, e la gonorrea, causata dal batterio Neisseria gonorrhoeae. Entrambe possono causare una malattia infiammatoria pelvica e di conseguenza danni alle tube, oltre a moltiplicare le probabilità di avere una gravidanza extrauterina. Negli uomini questi microrganismi possono aderire allo sperma, agendo sulla loro qualità e quantità.

I consigli del ministero della Salute in collaborazione con la Sigo (Società italiana di ostetrica e ginecologia) e con la Siams (Società italiana di andrologia e medicina della sessualità).

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